http://antoniomenna.wordpress.com/2011/10/08/se-steve-fosse-in-provincia-di-napoli/
Steve Jobs è cresciuto a Mountain View, nella contea di Santa Clara,
in California. Qui, con il suo amico Steve Wozniak, fonda la Apple
Computer, il primo aprile del 1976. Per finanziarsi, Jobs vende il suo
pulmino Volkswagen, e Wozniak la propria calcolatrice. La prima sede
della nuova società fu il garage dei genitori: qui lavorarono al loro
primo computer, l’Apple I. Ne vendono qualcuno, sulla carta, solo sulla
base dell’idea, ai membri dell’Homebrew Computer Club. Con l’impegno
d’acquisto, ottengono credito dai fornitori e assemblano i computer, che
consegnano in tempo. Successivamente portano l’idea ad un industriale,
Mike Markkula, che versa, senza garanzie, nelle casse della società la
somma di 250.000 dollari, ottenendo in cambio un terzo di Apple. Con
quei soldi Jobs e Wozniak lanciano il prodotto. Le vendite toccano il
milione di dollari. Quattro anni dopo, la Apple si quota in Borsa.
Mettiamo che Steve Jobs sia nato in provincia di Napoli. Si chiama
Stefano Lavori. Non va all’università, è uno smanettone. Ha un amico che
si chiama Stefano Vozzini. Sono due appassionati di tecnologia,
qualcuno li chiama ricchioni perchè stanno sempre insieme. I due hanno
una idea. Un computer innovativo. Ma non hanno i soldi per comprare i
pezzi e assemblarlo. Si mettono nel garage e pensano a come fare.
Stefano Lavori dice: proviamo a venderli senza averli ancora prodotti.
Con quegli ordini compriamo i pezzi.
Mettono un annuncio, attaccano i volantini, cercano acquirenti.
Nessuno si fa vivo. Bussano alle imprese: “volete sperimentare un nuovo
computer?”. Qualcuno è interessato: “portamelo, ti pago a novanta
giorni”. “Veramente non ce l’abbiamo ancora, avremmo bisogno di un
vostro ordine scritto”. Gli fanno un ordine su carta non intestata. Non
si può mai sapere. Con quell’ordine, i due vanno a comprare i pezzi,
voglio darli come garanzia per avere credito. I negozianti li buttano
fuori. “Senza soldi non si cantano messe”. Che fare? Vendiamoci il
motorino. Con quei soldi riescono ad assemblare il primo computer, fanno
una sola consegna, guadagnano qualcosa. Ne fanno un altro. La cosa
sembra andare.
Ma per decollare ci vuole un capitale maggiore. “Chiediamo un
prestito”. Vanno in banca. “Mandatemi i vostri genitori, non facciamo
credito a chi non ha niente”, gli dice il direttore della filiale. I due
tornano nel garage. Come fare? Mentre ci pensano bussano alla porta.
Sono i vigili urbani. “Ci hanno detto che qui state facendo un’attività
commerciale. Possiamo vedere i documenti?”. “Che documenti? Stiamo solo
sperimentando”. “Ci risulta che avete venduto dei computer”.
I vigili sono stati chiamati da un negozio che sta di fronte. I
ragazzi non hanno documenti, il garage non è a norma, non c’è impianto
elettrico salvavita, non ci sono bagni, l’attività non ha partita Iva.
Il verbale è salato. Ma se tirano fuori qualche soldo di mazzetta, si
appara tutto. Gli danno il primo guadagno e apparano.
Ma il giorno dopo arriva la Finanza. Devono apparare pure la Finanza.
E poi l’ispettorato del Lavoro. E l’ufficio Igiene. Il gruzzolo
iniziale è volato via. Se ne sono andati i primi guadagni. Intanto
l’idea sta lì. I primi acquirenti chiamano entusiasti, il computer va
alla grande. Bisogna farne altri, a qualunque costo. Ma dove prendere i
soldi?
Ci sono i fondi europei, gli incentivi all’autoimpresa. C’è un
commercialista a Napoli che sa fare benissimo queste pratiche. “State a
posto, avete una idea bellissima. Sicuro possiamo avere un finanziamento
a fondo perduto almeno di 100mila euro”. I due ragazzi pensano che è
fatta. “Ma i soldi vi arrivano a rendicontazione, dovete prima sostenere
le spese. Attrezzate il laboratorio, partire con le attività, e poi
avrete i rimborsi. E comunque solo per fare la domanda dobbiamo aprire
la partita Iva, registrare lo statuto dal notaio, aprire le posizioni
previdenziali, aprire una pratica dal fiscalista, i libri contabili da
vidimare, un conto corrente bancario, che a voi non aprono, lo dovete
intestare a un vostro genitore. Mettetelo in società con voi. Poi
qualcosa per la pratica, il mio onorario. E poi ci vuole qualcosa di
soldi per oliare il meccanismo alla regione. C’è un amico a cui dobbiamo
fare un regalo sennò il finanziamento ve lo scordate”. “Ma noi questi
soldi non ce li abbiamo”. “Nemmeno qualcosa per la pratica? E dove vi
avviate?”.
I due ragazzi decidono di chiedere aiuto ai genitori. Vendono l’altro
motorino, una collezione di fumetti. Mettono insieme qualcosa. Fanno i
documenti, hanno partita iva, posizione Inps, libri contabili, conto
corrente bancario. Sono una società. Hanno costi fissi. Il
commercialista da pagare. La sede sociale è nel garage, non è a norma,
se arrivano di nuovo i vigili, o la finanza, o l’Inps, o l’ispettorato
del lavoro, o l’ufficio tecnico del Comune, o i vigili sanitari, sono
altri soldi. Evitano di mettere l’insegna fuori della porta per non dare
nell’occhio. All’interno del garage lavorano duro: assemblano i
computer con pezzi di fortuna, un po’ comprati usati un po’ a credito.
Fanno dieci computer nuovi, riescono a venderli. La cosa sembra poter
andare.
Ma un giorno bussano al garage. E’ la camorra. Sappiamo che state
guadagnando, dovete fare un regalo ai ragazzi che stanno in galera.
“Come sarebbe?”. “Pagate, è meglio per voi”.
Se pagano, finiscono i soldi e chiudono. Se non pagano, gli fanno
saltare in aria il garage. Se vanno alla polizia e li denunciano, se ne
devono solo andare perchè hanno finito di campare. Se non li denunciano e
scoprono la cosa, vanno in galera pure loro.
Pagano. Ma non hanno più i soldi per continuare le attività. Il
finanziamento dalla Regione non arriva, i libri contabili costano,
bisogna versare l’Iva, pagare le tasse su quello che hanno venduto, il
commercialista preme, i pezzi sono finiti, assemblare computer in questo
modo diventa impossibile, il padre di Stefano Lavori lo prende da parte
e gli dice “guagliò, libera questo garage, ci fittiamo i posti auto,
che è meglio”.
I due ragazzi si guardano e decidono di chiudere il loro sogno nel cassetto. Diventano garagisti.
La Apple in provincia di Napoli non sarebbe nata, perchè saremo pure
affamati e folli, ma se nasci nel posto sbagliato rimani con la fame e
la pazzia, e niente più.
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