venerdì 9 febbraio 2007

Il lavoro




In questi giorni, ma come sempre in realtà, si parla tanto di lavoro. Ho letto la recensione di un libro uscito da poco ("Volevo solo vendere la pizza") in cui con molta ironia un giornalista racconta la sua esperienza (assolutamente vera) di piccolo imprenditore. Ha aperto una piccola pizzeria a Pavia tra mille tasse, documenti, certificazioni, corsi, bolli e balzelli e alla fine si è trovato a combattere con i suoi dipendenti: una di queste si è messa in malattia per gravidanza a rischio e ha aperto una pizzeria proprio di fronte!! E il protagonista non è riuscito neanche a licenziarla.
Poi si parla di lavoro per la legge Biagi, il cuneo fiscale, per le liberalizzazioni (che riguardano direttamente o indirettamente tante categorie di lavoratori), per il TFR e addirittura del lavoro dei dipendenti pubblici.
D'altro canto, come recita la Costituzione Italiana, nell'Articolo 1:
"L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro."

Il lavoro è dunque centrale nel nostro paese. In realtà mi sembra che l'argomento sia sempre recuperare soldi (tra l'altro abilemente sprecati in vari modi) e come conseguenza viene coinvolto il lavoro.

Il mio rapporto con la RICERCA del lavoro è lungo da raccontare e ha vari aneddoti significativi sulla selezione del personale.
In questo post racconterò un aneddoto sugli Uffici per l'Impiego, ovvero quelli che prima della riforma Biagi si chiamavano Uffici di Collocamento. In realtà è cambiato il nome ma non la qualità del servizio offerto: se li eliminassero non credo che qualcuno si accorgerebbe della differenza a parte chi ci lavora dentro.
Un giorno mio padre mi chiama dicendo che era arrivata una lettera dall'Ufficio per l'Impiego di Lecce che mi invitava a presentarmi in sede per valutare delle proposte di lavoro. Visto che mi trovavo a Milano a fare il master al Cefriel, chiesi a mio padre di andare a verificare lui e di farmi sapere. Mio padre con molta pazienza andò presso l'Ufficio e poi mi riferì che il solerte impiegato non poteva dirgli nulla e che dovevo andare di persona. Però lasciò a mio padre il numero di telefono a cui contattarlo. Ovviamente, chiamai.
Mi presentai e dissi di aver ricevuto la lettera a casa ma mi trovavo a Milano per seguire un master. Mi ribadì che dovevo presentarmi di persona per valutare proposte di lavoro. Gli chiesi se gentilmente mi poteva dare qualche indicazione e nel caso sarei andato lì volentieri.
Mi chiese: "Sei lauriato?" (proprio con la 'i').
Risposi di si, ma non mi chiese in cosa.
Mi chiese, ancora: "Quanto ti sei lauriato?".
Pensando di aver capito male, mi informai: "Ma quanto o quando?".
E lui impassibile: "Quando e QUANTO ti sei lauriato?".
Risposi che avevo conseguito la laurea nel 2001 con 108.
In realtà potevo dire qualsiasi cosa, tanto la sua risposta fu: "Allora puoi andare a lavorare al call center a Lecce".
Rimasi un pò in silenzio pensando se ci volesse una laurea con un certo voto per rispondere al telefono e se doveva essere una laurea umanistica o scientifica (ma in realtà non mi aveva chiesto in cosa fossi laureato).
Probabilmente allarmato dalla mia mancanza di entusiasmo per questa ambito posto, mi disse che c'erano delle borse di studio offerte dall'Università di Lecce. Gli chiedo in quali ambiti o materie fossero assegnate queste borse (non chiesi neanche gli importi). Mi rispose che dovevo andare lì perchè erano affissi i bandi e li potevo consultare.
A quel punto ringraziai perchè avevo capito l'andazzo e riattaccai. Andai a vedere le borse di studio, per scrupolo, sul sito dell'università ma riguardavano giurisprudenza e beni culturali: non proprio degli ambiti a me congeniali.
Successivamente scoprì che in seguito alla recente approvazione della legge Biagi (oltre al prestigioso cambio di nome) gli Uffici per l'Impiego dovevano convocare periodicamente i propri iscritti e proporre delle offerte di lavoro. Dopo tre rifiuti venivi escluso dalle liste di disoccupazione: risultato una diminuzione drastica dei disoccupati!!
Non so se questa idea geniale sia stata elaborata da Biagi oppure no, ma alla fine l'utilità di questi uffici è prossima allo zero per i cittadini.
Non so se per non essermi presentato all'Ufficio di Lecce io sia stato cancellato dalle liste dei disoccupati, so soltanto che nè prima nè dopo quell'unico contatto (peraltro forzato da qualche circolare di applicazione della legge Biagi) ho mai ricevuto un minimo segnale di vita da parte loro.
Insomma manteniamo una struttura che fornisce servizi nulli al cittadino: purtroppo non è l'unico caso, ci sono tanti enti inutili in Italia, che sembra sia impossibile eliminare o riconvertire. Charlie Chaplin immaginava l'uomo-lavoratore inghiottito dai macchinari, qui invece l'uomo-lavoratore è inghiottito dalla macchina burocratica che rappresenta solo un costo e una zavorra.
Visti i precedenti spero che lascino in pace il Lavoro e si concentrino sui lavoratori di questi enti inutili.

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