mercoledì 29 giugno 2011

L’epidemia da Escherichia coli

L’epidemia da Escherichia coli: "

 

Da quando è scattato l’allarme per l’epidemia di sindrome emolitica e uremica da Escherichia coli che ha avuto come focolaio la Germania, il lavoro dei ricercatori si è concentrato sull’individuazione del veicolo del contagio.


I risultati finora ottenuti non sono del tutto soddisfacenti perché, dopo l’ingiusta criminalizzazione dei cetrioli spagnoli, le prove a carico degli attuali imputati, i germogli di semi vari prodotti da un’azienda tedesca, sono ancora insufficienti.

L’emergenza di individuare gli alimenti che hanno agito da “untori” per poter arrestare in tempi brevi il diffondersi del contagio, ha fatto ignorare un aspetto importante di questa epidemia, e delle numerose altre tossinfezioni alimentari causate in passato da altri ceppi patogeni dello stesso batterio.

Come mai è diventato tossico un batterio, abituale abitatore del nostro intestino, che per sua natura non è nocivo, anzi è benefico perché combatte i microrganismi patogeni ed è fonte preziosa di vitamina A?

Possiamo cercare di rispondere tenendo conto di tre informazioni che abbiamo su di lui.

- La prima è che si tratta di un nuovo ceppo patogeno di Escherichia coli comparso in seguito ad una mutazione genetica (è stato battezzato EHEC 0104:14).

- La seconda è che
esso è resistente a numerosi antibiotici impiegati attualmente per curare le infezioni batteriche dell’uomo.

- La terza è che c’è il sospetto che il suo serbatoio naturale sia l’apparato digerente dei bovini e che quindi la sua diffusione nell’uomo possa avvenire attraverso alimenti prodotti da animali infetti (latte e derivati, carne), oppure attraverso alimenti vegetali o acqua contaminati da escrementi di tali animali.

La genesi del ceppo patogeno di E. coli per mutazione genetica.

È dimostrato che i batteri subiscono mutazioni genetiche e che in seguito a ciò da innocui possono diventare patogeni, ma anche che la velocità di tali mutazioni aumenta enormemente quando il batterio viene a trovarsi in condizioni diverse dal suo ambiente naturale o di stress, come possono essere la mancanza di nutrimento o l’alterazione dell’equilibrio tra le diverse specie microbiche. La natura ha destinato l’Escherichia coli a vivere, oltre che nel nostro intestino, anche nell’apparato digerente dei bovini affinché compia, di concerto e in equilibrio con numerosi altri microrganismi, il lavoro metabolico che trasforma il foraggio in latte e carne. Purtroppo i tempi sono diventati davvero duri anche per questo batterio: l’alimentazione del bestiame negli allevamenti industriali odierni non è più basata su erba e fieno, ma su insilati e concentrati iperproteici (questi ultimi erano in passato a base di farine animali, causa di “mucca pazza”, oggi sono a base di soia). L’alimentazione iperproteica e l’abuso di antibiotici, di cui dirò appresso, sconquassano l’equilibro della flora microbica dell’apparato digerente dei bovini, creando la dominanza di alcuni microrganismi su altri, facendone scomparire taluni e comparire di insoliti. Inoltre, nel processo di digestione i concentrati proteici, che non fanno parte della dieta naturale dei bovini, generano tossine. Nell’apparato digestivo di questi poveri animali si genera dunque una condizione di vita drammatica non solo per loro stessi, ma anche per batteri suoi ospiti come il coli, che mutano velocemente per adattarsi alle nuove condizioni di vita. Di tanto in tanto, tra le innumerevoli mutazioni, ne può scappare qualcuna che rende i batteri patogeni con il rischio che qualcuno di essi arrivi all’uomo con gli alimenti. Poi, come sta accadendo in questi giorni, individuare il vettore e arginare la diffusione del contagio può non essere semplice, a volte anche impossibile, con grande sconcerto di chi pensa che la scienza sia onnipotente e capace di rimediare in tempi rapidi anche ai guasti che la tecnologia, nel nostro caso, la zoo-tecnia, causa per il cattivo uso che fa delle conoscenze scientifiche.

L’antibiotico-resistenza del ceppo patogeno di coli.

L’allevamento zootecnico industriale costringe gli animali a vivere in fabbriche di sofferenze, rendendo la loro salute perennemente precaria e imponendo l’uso quotidiano di farmaci. Ciò ha condotto tra l’altro alla follia legalizzata di aggiungere alla razione alimentare giornaliera del bestiame i cosiddetti “mangimi medicati”, cioè alimenti addizionati di farmaci. Tra i farmaci di uso zootecnico, gli antibiotici la fanno da padroni: si stima che circa il 40% di quelli prodotti venga impiegato nelle stalle. L’abuso di antibiotici non solo altera l’equilibrio tra le innumerevoli specie di microrganismi che albergano nell’apparato digerente del bestiame, ma può indurre anche negli stessi microrganismi l’insorgenza dell’antibiotico-resistenza con il rischio che questi microrganismi non più debellabili con gli antibiotici passino con gli alimenti all’uomo. L’OMS ha denunciato questo pericolo in un dossier di recentissima pubblicazione (L’antibiotico-resistenza da una prospettiva di sicurezza alimentare).

È ovvio che sia urgente individuare il vettore dell’infezione in atto per arrestare l’epidemia. Ma questa ennesimo episodio di tossinfezione alimentare deve farci rivedere, una volta per tutte, la logica che domina attualmente nella zootecnia industriale, che è quella di considerare gli animali come macchine e non come esseri viventi, che obbediscono alle stesse leggi biologiche dell’uomo. Attraverso questi episodi gli animali stanno soltanto reclamando rispetto. Non lasciamoli inascoltati.

Matteo Giannattasio, docente di “Qualità degli alimenti e salute del consumatore” all’Università di Padova


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